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Allora ho un attimo di tempo e cerco di approfondire come mi sto approcciando alla creazione del gioco.

L'ingrediente che trovo molto suggestivo è redenzione, sono partito da questo per immaginare quello che vorrei il mio gioco facesse. Ho cercato di usare un metodo tipo "Intervista allo specchio" per focalizzare le mie idee e questi sono in parte i risultati. Immagino i protagonisti del mio gioco come persone di spirito gentile e di animo buono. La vita si è divertita a rompergli le balle. Da bambini da bambini avevano un sogno, che però non si è realizzato e ora vivono nell'illusione di realizzarlo... disillusi, stanchi... rimuginano sul loro passato.

Ma il loro angelo custode, che sempre li ha accompagnati, non ha dubbi, sa la verità e sa che è venuto il momento per quella quella svolta che cambierà per sempre la vita del protagonista.

Il gioco vorrebbe trattare di: un sogno infranto, un trauma irrisolto, l'affrancamento. Spero di essere capace di scriverlo, perché vorrei tanto giocarlo.

Ho deciso che sarà un gioco per 2 soli giocatori, perché l'argomento potrebbe risultare intimo. E ho deciso che il gioco debba essere una specie di monologo in modo che il giocatore si perda nel flusso delle sue parole, estraniandosi al suono della sua voce. Visualizzando ciò che racconta. Così lo giocherei io, ad occhi chiusi. Racconterà di quando era bimbo, di qual'era il suo sogno, di quando ha capito che non si sarebbe mai realizzato e della magia della sua realizzazione o dell'affrancamento da questo desiderio per qualcosa di ancora migliore.

Volevo chiamarlo "Don't look back in anger" dal titolo di un libro che mi obbligarono a leggere in lingua originale alle superiori, un libro che parlava di gente affranta e fallita ad un ragazzino che aveva altri grilli per la testa e gli piaceva giocare. L'avrei dedicato a tutti quegli insegnati che non capiscono i ragazzi.  Ma poi mi sono detto, e sticazzi?