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Anagoor's itch.io pageResults
Criteria | Rank | Score* | Raw Score |
How well the game fits with the theme of the jam | #1 | 5.000 | 5.000 |
How strongly Buzzati’s atmospheres and themes are integrated into the design | #1 | 4.750 | 4.750 |
How easy to understand and use the game’s rules are | #2 | 4.000 | 4.000 |
How elegant the game’s design is | #2 | 3.750 | 3.750 |
Overall | #2 | 4.300 | 4.300 |
How captivating the tone, feel and style of the game are | #4 | 4.000 | 4.000 |
Ranked from 4 ratings. Score is adjusted from raw score by the median number of ratings per game in the jam.
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Comments
Ispirazione e concetto - e anche impaginazione grafica, sciccosissima! - mi piacciono un botto. L'idea di cercare a tentoni la felicità altrui con una narrazione condivisa è fortissima e secondo me reggerebbe anche un racconto, così andiamo in circolo, haha! A livello pratico, parlando da inesperta, mi viene principalmente da chiedermi quanto sia raggiungibile lo scopo del gioco - mi viene da immaginarmi che sarebbe difficile anche se ogni giocatore scegliesse la propria felicità da un pool predefinito di opzioni, e così chi ci interpreta avesse la vita un po' più facile nel cercare di capire dove andare a parare. Però, però... questa ricerca alla cieca mi affascina tantissimo. La quasi impossibilità di venirne a capo mi sembra "feature, not bug", e sarei molto curiosa di provarlo dal vivo...
Grazie Laughingpinapple,
il tuo commento è apprezzatissimo.
Anagoor è un GDR decisamente atipico, e in parte questo viene svelato nel paragrafetto "Questo è un gioco di ruolo?". La domanda non fatta a tanto per provocare, ma davvero.
Le caratteristiche per essere un gdr di fatto ci sono, ma Anagoor è davvero un gioco di ruolo?
Parte del concept per me era quello di creare un gioco che forse gioco non fosse, in parte una sorta di piccola bugia, sperando che le meccaniche in parte portassero a rendere complessa la risoluzione del tutto, sperando che le persone si ponessere alcune domande importanti mentre giocavano, come ad esempio "cosa è per me la felicità?", "sono in grado di individuarla?", "gli altri giocatori mi daranno abbastanza spazio per trovarla?", "sono disposto a cedere i miei dadi per realizzare la felicità di un'altra persona?".
DI fatto alla fine del gioco viene esplicitamente detto che l'obiettivo è cercare di rendere reali il maggior numero di felicità possibile, questo senza necessariamente entrare ad Anagoor.
Giocare e vincere vuol dire entrare in Anagoor, ma è veramente lo scopo del gioco?
Ovviamente camuffato da gdr, questo esperimento può scoprire il fianco, e sicuramente dovrò cercare di trasformarlo in un vero e proprio gioco, se voglio che venga giocato.
Anagoor è un oggetto strano, come la maggior parte delle cose che scrivo. Poi ovviamente non so se riesco a farlo bene o se ha senso che io mi muova spesso in questa strana modalità di scrittura (troverai principi analoghi in altri due miei non-giochi "Qui e Poi" e "Argalif").
In pratica giochi che non sono veri e propri giochi, ma strane esperienze che propongo ai chi ha voglia di mettersi in gioco.
Commento trasformista: visto che lavoro, impegni e compleanni mi vanno a sbattere , a tradimento, contro gli "stinchi"... commenterò in modo "decente" nei prossimi giorni che finalmente dovrei avere qualche giorno di ferie.
Vai tranquillo Leo,
comprendo perfettamente.
Siamo tutti super incasinati e io mi ritrovo spesso a fare commenti un po' più di superficie, anche perché non ho neppure grande esperienza per fare commenti utili davvero.
Quindi tutto quello che ne esce va benissimo.
Grazie 😉
Eccomi qui!
Il gioco mi è piaciuto molto.
Carine le idee dei titoli posti come domande, che in un gioco breve e dedicato a non giocatori sembra davvero seguire il filo logico delle domande.
Il gioco prende un racconto e sostanzialmente ci ricama attorno un'esperienza di gioco, ribadendo il significato stesso del racconto e dei temi buzzatiani, però aggiungendo qualcosa di più specifico. In questo lo trovo davvero molto centrato.
Semplice nelle regole e scritto in maniera abbastanza scorrevole e facile da apprendere.
Sono belle le immagini a corredo, anche se il fatto di ingrossare così tanto il numero di pagine lo rende paradossalmente meno fruibile quando uno lo vuole scorrere per verificare delle regole o delle cose dette.
Carino come hai legato le norme di sicurezza al tavolo come aspetti del "cosa può fare chi ascolta".
In principio non ero molto persuaso della proposta di interpretare un altro giocatore, ma poi la lettura del gioco nella sua completezza mi ha fatto completamente ricredere.
Il paragrafo "perché abbiamo bisogno di un timer" è posizionato in modo prematuro, perché introduce (senza spiegare) troppe regole del gioco, dalla situazione generale (Lo metterei almeno dopo il "cosa ci raccontiamo a vicenda")... Ma se preferisci lasciarlo lì ha il suo senso...
Non metterei strettamente un vincolo temporale negli episodi del racconto (le porzioni di viaggio). Direi anzi che possono essere narrati in modo non cronologico.
Gli aspetti più di critica meccanica del gioco, vertono su due punti:
1- Non sono del tutto persuaso dalla matematica del gioco. i minuti scorrono veloci, e molto in frett raggiunge cifre che non sono facili da raggiungere col tiro di dadi. Chi racconta dopo (già al terzo turno) comincia ad essere molto svantaggiato e questa ansia può portare a un comportamento molesto per cui chi chiede dopo può forzare la mano a fare in fretta a chi narra per primo.
I dieci dadi sono davvero pochi, per due motivi, primo perché ipotizzando che uno vada bene, non ne avrà più di 4 o 5 e dopo 20 minuti di partita avrà probabilità molto scarse di avere successo (io suggerirei i d10, o ancora meglio e più in linea con il racconto delle carte, come le piacentine, le napoletane o i tarocchi minori). Il secondo motivo è che per il tipo di gioco è più bello incentivare quella meccanica di ricerca dell'approvazione di quello che si imita, provando il più possibile per avere più rinforzi possibili. 10 dadi sono pochi, mentre 40 carte (o più) permettono più libertà nella concessione e questo può garantire di premiare meglio quelli più in sintonia (e la sintonia aiuta la felicità reciproca).
C'è anche una sorta di contraddizione meccanica. Da un lato per avere più dadi uno sarebbe stimolato ad aspettare ed accumulare. MA praticamente se non lo fai subito, sei fuori di sicuro. Inoltre, di fatto provare e riuscire subito è un evento parzialmente indesiderabile perché fa uscire il giocatore dal gioco (felicità trovata, io sono a posto). Piuttosto sarebbe bello stimolare il fallimento, e la possibilità di riprovare più volte, proprio in un circuito per cui meglio provare ogni volta, sapere di dover fallire ma col fallimento guadagnare la possibilità di un "payback" che mi aiuti comunque ad avvicinarmi. Ti do una proposta parziale col prossimo punto.
2- La prova in sé ha alcuni aspetti migliorabili.
Da psicologo ho la sensazione che per come è fatta sia molto difficile e frustrante riuscire a indovinare la felicità altrui. Questo perché può essere qualsiasi cosa, su qualsiasi argomento e avere anche un grado di dettaglio a piacere (è diverso "avere un abbraccio ora" da "abbracciare mio padre"). Addirittura fallire una prova non mi da nemmeno un contributo reale per capire quanto sia vicino o lontano dalla situazione. E neppure ho possibilità di averne durante il racconto perché i dadi che il giocatore mi concede sono muti, per chissà quali motivi (paradossalmente anche non legati alla felicità, ma solo al fatto che lui si riconosce nel mio agire, ma che magari non c'entrano nulla o implicano nulla con la mia felicità. Ad esempio premio con un dado perché ha fatto una battuta tipica delle mie, e già non è chiaro che io l'abbia premiato per quello e non per qualcos'altro, ma il fatto che premi la battuta, non porta alcun vantaggio a sapere che la mia felicità sarebbe "stringere il mio cuscino d'infanzia").
A mio avviso va trovato qualcosa di più efficace per permettere l'esplorazione e i suggerimenti. Tenendo comunque conto del tempo brevissimo.
Inoltre è un po' disfunzionale il meccanismo in sé: Tiro solo per aver diritto a provare a indovinare, se fallisco ho danno minimo, ma non succede nulla e anche il tiro in sé è extradiegetico (cioè lo fa il giocatore in modo totalmente avulso). E se ho successo, guadagno solo il diritto a tentare, poi tento e magari fallisco non succede nulla di male (e tutta questa meccanica rimane sempre extradiegetica).
Insomma c'è un po' poca eleganza in questa doppia possibilità di fallimento e nel fatto che rimane sempre tutto fuori dal vero gioco narrativo.
Potrei al minimo suggerire alcune proposte.
La più importante è che un fallimento non comporti una perdita, bensì un aumento di dadi (o carte, e posto che a mio avviso ne servono molti di più, in abbondanza). Così che fallire non mi fa perdere qualcosa e basta e io sia stimolato a provare e riprovare.
La seconda, altrettanto importante, è che nel caso io tenti e fallisca, ottenga un premio minore (ad esempio con le carte, che per ogni carta rossa l'altro possa darmi un suggerimento, o debba rispondere vagamente a una mia domanda con un sì o no). Devo mettere in gioco una possibilità di aiuto o non se la cavano... Se fossero dadi, invece di carte, potrebbe essere i numeri dal valore pari, oppure i numeri dal 4 in sù (o 6 in sù se fossero d10).
Lasciando tutto invariato come struttura dei d6 (e magari anche il numero) valuterei almeno il contrario, cioè che la difficoltà sia data da 60 meno i minuti trascorsi. con un numero di dadi basso, anche 18 minuti restanti possono essere una prova difficile da superare.
Alcune cose extra.
Non sono poi sicuro di cosa tu intenda per l'età calcolata dal timer. Avrò un età la prima volta che parlo e una seconda (e terza) età la seconda volta che parlo? credo vada chiarito meglio.
Farei anche qualcosa per spingere un minimo l'immaginario per cui sono personaggi alle soglie delle mura di Anagoor e non giocatori attorno a un tavolo a raccontare. QUalche intro e presentazione a giro dei personaggi "nella scena, da descivere" così da ricreare l'immaginato condiviso della scena in cui bivaccano e si raccontano storie. Altrimenti quel livello intermedio sfuma...
Bellissimo gioco, comunque! Spero davvero tu lo rifinisca presto e gli possa dare una forma ufficiale!
Grazie infinite.
La tua analisi è dettagliatissima e più che utile.
La rileggerò con estrema cura e penso possa essere una bella occasione la prossima Permafrost per limare e ripensare per bene al tutto.
Il poco tempo, la mia tipica goffaggine con le parti matematiche e l’inesperienza hanno giocato la loro parte, ma grazie a commenti come questo si da dove ripartire.
Nei giochi che scrivo mi concentro molto sull’esperienza in sé, per lavoro e formazione personale so di avere delle ottime carte da giocarmi. Devo decisamente crescere dal punto di vista proprio di game design.
Mi impegnerò 💪
Grazie infinite 💖
Chiedo scusa per l'assenza di questi giorni, comincio con il commentare questo fantastico gioco, che è il primo che ho letto tra quelli della jam.
Comincio dicendo che ciò che mi ha colpito di più del gioco è il suo tema incentrato sulla ricerca della felicità, che va oltre il gioco stesso e entra nella vita dei giocatori, in una sorta di "meta-gioco" sovrapposto. Per due motivi ho apprezzato questo tema:
- Innanzitutto, appunto, per il fatto che si incastra in una meccanica di meta-gioco. In un certo senso mi ha ricordato le "paure" di Mars Colony, in cui i giocatori devono scrivere su delle index cards le loro paure, nella vita reale, per la situazione politica a loro contemporanea.
- In secondo luogo, per la realizzazione del dover "scoprire" quale sia la propria felicità. Questo, come ho già accennato privatamente a Davide, mi ricorda il simpatico party-game rompi-ghiaccio in cui tutti i partecipanti hanno un bigliettino attaccato alla fronte su cui è scritto il nome di un famoso personaggio storico, e parlando con altre persone devono indovinare di chi si tratti. Il vero motivo per cui apprezzo questa trovata, però, è il suo significato tematico: a volte, nella vita, non sappiamo davvero che cosa ci renderebbe felici, e abbiamo bisogno di fare esperienze, scelte, in poche parole di "continuare a vivere" per arrivare a scoprirlo e consapevolizzarlo. Solo a quel punto potremo entrare ad Anagoor, e vivere pienamente.
Ci sono sicuramente tantissime altre osservazioni da fare, per ora mi fermo qui; tornerò sull'argomento presto se mi verranno in mente altre cose altrettanto importanti.
Grazie mille per i feedback.
Anche io sono un po' in ritardo con la lettura e la valutazione dei giochi.
Devo sbrigarmi con più maggior del bianconiglio.