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Parto dicendo che l'idea di usare le linee della mano come mappa è davvero molto interessante e mi sembra portare un discorso sul destino piuttosto forte e stimolante, che anche se non dichiarato all'inizio diventa centrale. Anche il concetto di scoprire i personaggi un poco per volta durante il gioco è molto suggestiva e contribuisce a creare un'atmosfera rarefatta e fatta più di assenze che di presenze.

Le meccaniche vanno nella direzione delle tematiche dichiarate all'inizio (identità, solitudine, distruzione, e aggiungerei io anche il destino). Mi pare però che non interagiscano molto tra di loro, fornendo un insieme di sottosistemi che vanno ognuno a raccontare un aspetto in maniera abbastanza separata, e che inoltre lascino molta responsabilità alla fantasia e capacità di chi racconta, rischiando quindi o di avere scelte poco tematiche con i temi proposti, o di far trovare chi gioca un po' senza ispirazione.

Ho trovato molto bello che ci sia una meccanica di sicurezza integrata tematicamente con il gioco, rendendola quindi a tutti gli effetti una meccanica che fa parte di esso invece che essere aggiunta sopra come soluzione a un problema specifico. Per questo gioco vedresti più adatto un approccio alla "i won't abandon you" o alla "nobody gets hurt"?

Gli archetipi sono interessanti e ancora una volta tematici con il discorso della mano e del destino, tuttavia le poche possibilità che avranno i personaggi di incontrarsi e l'assenza, per definizione, di altri possibili contatti con delle persone renderà probabilmente difficile a chi gioca esprimere varie caratteristiche salienti di questi archetipi. L'idea delle domande, così come quello della linea della testa, è molto azzeccata per scoprire un po' alla volta l'identità dei personaggi, però temo che alcune siano davvero molto particolari e difficili da rispondere (questa però è una cosa che solo il playtest potrebbe effettivamente dire).

Volevo inoltre chiederti qual era la funzione dell'inventario a livello di design, ovvero perché secondo te è importante limitare il numero di artefatti che possono essere portati nel viaggio.

Un ultimo suggerimento molto secondario: metterei l'immagine di riferimento della mano verso l'inizio, appena parli delle linee, così se una persona non sa come sono disposte (come me!) ha un'idea immediata. Intanto, nel cercare uno schema, sono finito per farmi una lettura da solo, quindi grazie a te ora so qualcosa in più del mio futuro!

Ciao RedGlow,

grazie mille per il tuo commento. L'ho trovato molto utile.
Il gioco è pensato in un modo un po' particolare: volevo creare un senso di straniamento nel giocatore dandogli pochi elementi frammentari e togliendogli il più possibile un senso di sicurezza e coerenza che normalmente trova al tavolo. Nella mia idea le varie parti di gioco dovrebbero creare delle sensazioni specifiche, facendo passare i giocatori in diversi stati emotivi così da creare uno specifico senso solo alla fine.

Appena riuscirò a organizzare un po' di playtest cercherò di esplorare meglio proprio questi aspetti, per capire se funziona o se è solo un design fallimentare (cosa più che probabili essendo alle mie primissime esperienze nello scrivere giochi). 

Per quanto riguarda l'inventario, anche quello è pensato per cercare di privare il più possibile le reali possibilità del giocatore. Il rischio di perdere artefatti, di poterli scambiare solo raramente, di abbandonarli per cercare di salvarli magari all'ultimo lancio di dado dall'altro giocatore, dovrebbe nella mia idea aumentare ancora di più il senso di incertezza.

Tu giocatore cosa farai?
Ad esempio anche il contatore del Destino, con i giocatori che contano sulle loro mani i bivi, non ha nessuna regola di controllo. Teoricamente i giocatori sono liberissimi di barare e dichiarare che hanno percorso X bivi, forzando di fatto l'epilogo. Del resto il gioco parla di destino e libero arbitrio. Spero di aver risposto alle tue curiosità.

Ah dimenticavo, mi chiedevi anche della meccanica di sicurezza. Anche quella l'ho pensata così, perché vorrei che il momento in cui un giocatore si dovesse trovare in difficoltà, abbia la possibilità di far diventare quella difficoltà parte integrante dell'esperienza di gioco e non soltanto un "stop non mi sento a mio agio", ma di fatto diventa essa stessa una scena che permette di esplorare in gioco le sue fragilità (sempre che voglia farlo, sennò si riparte semplicemente come nelle meccaniche di sicurezza più "classiche"). Essendo un gioco che parla anche di solitudini (per questo è difficile incontrarsi ed è difficile far esprimere il proprio personaggio) mi sembrava azzeccato far incontrare per un attimo, in un luogo altro, le due anime che stanno giocando.

Grazie infinite.