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Che direzione stiamo prendendo?

A topic by Gre the Owl created May 15, 2020 Views: 201 Replies: 3
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Ieri sera io e Daniele abbiamo cercato di definire un epilogo per la storia che il nostro gioco mira a raccontare.
Non è facile, anzi... Si sta rivelando molto più difficile del previsto!

Daniele ne era consapevole.

Prima di iniziare a lavorare mi disse che prima o poi il gioco avrebbe preso vita, impadronendosi di se stesso e della storia che racconta, e che noi non saremmo più stati in grado di dargli una direzione. Magari nella nostra testa c'erano delle idee, delle aspettative, delle volontà. Saremmo dovuti essere pronti a rinunciarvi, per lasciarci trasportare dove il gioco vuole. La mia domanda allora è stata:

"Questo non è indice di cattivo design?"

La risposta, secondo Daniele, è no.
Non riuscire a fare esattamente un gioco come lo avevamo in testa non è indice di cattivo design, ma di design funzionale. Lo scopo è creare una certa esperienza di gioco, ma forzarla a rispettare tutte le nostre aspettative iniziali può essere dannoso.

"Piuttosto" , ha aggiunto, "Scriveremo un altro gioco per ricercare quelle aspettative."

Capivo ciò che Daniele mi diceva, tuttavia tutto questo mi sembrava remoto e astratto. Insomma, come può succedere che il gioco si impadronisca di se stesso?

Ieri sera ho avuto la mia risposta.
L'epilogo sembra difficile da integrare con gli elementi che abbiamo in gioco. Abbiamo una mappa con disegni e linee. Abbiamo le carte francesi, i cui semi corrispondono a diversi significati. Abbiamo dei tratti che mostrano il carattere dei protagonisti.
Come integrare tutto questo in un finale coerente, non troppo complesso, e soprattutto lasciando spazio alle scelte dei giocatori? (secondo il principio del fruitful void, che Daniele mi ha spiegato molto bene).

Io non ho ancora una risposta.
Daniele mi ha fatto notare che, per via del mio stile o forse del mio entusiasmo (da principiante, aggiungo io), il gioco è ridondante di elementi e meccaniche, e mi ha confessato che questo era anche il suo stile, prima di maturare come designer e comprendere non solo il concetto di design sottrattivo, ma anche quello di "non forzatura" del gioco.

Concludo il post con un paragone molto calzante di Daniele:

Un gioco è come un ruscello.
Nella tua testa non c'è solo la sorgente (l'idea), ma anche i vari luoghi in cui vuoi che esso scorra (i temi, le meccaniche, ecc).
Ad un certo punto ti accorgerai che il ruscello, per seguire la topografia nel modo meno faticoso possibile e arrivare al mare, non sempre tocca tutti i luoghi che avevi prestabilito; e allora finisci per aggiungere delle deviazioni per farlo passare dove vuoi tu. Ma per ogni deviazione che aggiungi, ti accorgi che si discosta da un'altra tappa. Così cerchi di deviarlo di nuovo, e ancora, finché fai così tanta fatica a rincorrerlo che sarebbe più semplice lasciarlo tracimare dagli argini, per vedere dove è in grado di fluire senza le tue costrizioni.

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Sarebbe più facile darti dei suggerimenti se epurassi tutto il post dei presupposti teorici e filosofici e lasciassi intravedere la carne e il sangue del vostro lavoro.

Però se l'approccio filosofico ti aiuta ad avere un vocabolario dell'anima con il quale scrivere il gioco, ti do un suggerimento (gratis): tieni solo quello che serve. Non quello che ti piace. Quello che ti piace trasparirà (o traspirerà) comunque. Non devi ostentare nulla.
In questo modo la Ducati è riuscita a vendere per decenni la Monster.
Non ti sto dicendo di diventare minimalista e strutturalista ma che basta poco per dire molto.

Visto che sei qua davanti a un monitor che leggi, fai così: esci da questa pagina, vai su un browser e scrivi "Turner storm" poi guarda bene le immagini che escono.
Non c'è ostentazione di tecnica, non c'è ridondanza nella rappresentazione, non c'è manierismo, non c'è dettaglio. Eppure dopo che hai visto quella roba sei una persona diversa.

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Grazie Helios,
Hai ragione, ho buttato dentro filosofia buddista spicciola ma avevo bisogno anche di chiarirmi le idee riordinandole e mettendole per iscritto.

Sono pronta a passare con il machete sulle cose ridondanti e ad uccidere tutti i darlings di questo mondo. Mi manca solamente che qualcosa scatti nella mia testa.

Ho visto i quadri. Capisco cosa intendi, è un abbozzo che però dice tutto di per se'. Linee di caos con un dettaglio a fuoco. In un certo senso mi ricordano il gioco degli scacchi, perché si focalizzano sulle linee di forza.
Forse dovremmo anche noi concentrarci sulle linee di forza e da lì fare leva per definire il punto di messa a fuoco.

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Grazie, Greta, per aver condiviso i tuoi pensieri.

A volte, mi accorgo che, quando ti espongo qualcosa, in realtà la sto chiarificando a me in prima persona. Il confronto con te nel fare game design mi insegna a riflettere sulle cose che avevo sempre dato per scontato: mi fa chiedere perché siano così, se lo sono davvero e quale sia il loro significato profondo. Mi costringe a vocalizzare questi pensieri perché non posso tenerli solo per me, visto che stiamo lavorando in due.

E, quindi, grazie anche per questo: perché mi fai imparare dalla tua esperienza, anche se continui a dire che sei inesperta.