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Grazie mille:)

Grazie mille per i complimenti e per le belle parole:)
Sono molto contenta che l'isola trasudi classicità e soprattutto che abbia centrato lo spirito della Jam; era questo ovviamente l'obiettivo tenuto a mente che ha guidato la mia penna nella stesura dell'idea.
Sono grata e lieta di leggere i commenti perché penso che non sia una banale frase fatta, credo sinceramente che dalle critiche (positive e negative) si possa imparare e fare sempre meglio, motivo per cui terrò sicuramente a mente quanto detto da DD79 ma anche da tutti gli altri autori che hanno speso tempo per leggere la mia proposta e commentarla. ^^

Detto questo ti rispondo più nel dettaglio:
- La materialità degli auspici è voluta, volevo davvero fossero scene quotidiane verosimilmente vivibili in nave. Questo se da un lato ha limitato non poco le idee a cui potevo attingere, d'altro canto sottolinea bene l'essenza di un auspicio a parer mio: vedere qualcosa di reale e chiedersi quale altro significato abbia (il divino nelle cose materiali di tutti i giorni).
- L'approccio dicotomico è una presentazione delle soluzioni semplice, ma altrettanto immediata (almeno a mio avviso). Seguendo le linee guida del manuale nella creazione delle isole, ho cercato di impostare diverse fatiche che riguardassero differenti domini, ma un ruolo preponderante lo gioca l'arte oratoria proprio in contrapposizione all'approccio ""meno eroico"" (che sia "sottile/subdolo" o "valoroso/sanguinario", a seconda dei contesti e dei punti di visti). 

Grazie ancora:)

Intanto ti ringrazio per il commento!

Per quanto riguarda gli auspici ammetto che i collegamenti ad Era ed Ecate, tenuti volutamente sotto traccia per non influenzare troppo le decisioni degli eroi con espliciti riferimenti (per dire, un auspicio di Poseidone), siano effettivamente un po' troppo sotto traccia e probabilmente non semplici da intuire (ti risparmio un commento molto lungo perché ne ho già parlato approfonditamente in un'altra risposta e non vorrei tediarti). Mentre per l'ira di Poseidone - elemento evidente  la cui causa risiede sicuramente in diverse ragioni - si sostanzia in una furia che colpisce indiscriminatamente l'isola, ma effettivamente non interviene in prima persona così come non lo fa nessuna divinità, proprio perché il concetto è: quando i divini si immischiano negli affari mortali (il melo dorato e il concepimento del figlio Eugenos), sono solo i mortali a soffrirne nel totale disinteresse degli dei, che non si curano delle conseguenze delle loro azioni e del fatto che siano magari gli innocenti a pagare per mali che non hanno commesso (puniscono tutti per punirne uno).

Spero di essere stata chiara, nel frattempo ti ringrazio ancora per le osservazioni!

Ti ringrazio davvero tanto! Fa sempre piacere sapere che il proprio lavoro è apprezzato, tanto più quanto l'apprezzamento proviene da chi "conosci" (ho seguito le vostre avventure degli Agonauti, ho scoperto il gdr così!)

Cornice descrittiva veramente molto interessante e di impatto, dalle porte della città agli ambienti più mistico-evocativi (come quello della foresta). 

Ho apprezzato molto i due personaggi principali contrapposti Octavio e Natassa, anche se pure io condivido l’osservazione per cui sarebbe stato meglio forse avere qualche dettaglio in più sul rapporto che lega Natassa a Raikta. Fatiche ben congegnate, ma forse con l’ambiente e le premesse creati così interessanti si poteva approfondire anche qualcosa in più, magari facendo risaltare il ruolo di Erato, sacerdote di Ecate, o indagando meglio il passato di Raikta. Interessanti i misteri e il fatto che l’epilogo della battaglia possa essere così diverso. 

Isola scritta bene, qualità della narrazione e della descrizione dei paesaggi veramente ottima, l’aria mediterranea si respira bene (visto il contesto direi che se ne sente il profumo). 

Interessante rendere centrale a tutta la vicenda la maledizione di un Dio ed il rischio del fallimento di un matrimonio tra gli eredi di due regni confinanti. Apprezzo la scelta del fare della permalosità di Geusi (o forse – chissà – della sua gelosia) la chiave che mette in moto gli eventi con la maledizione. L’assenza dell’elemento classico della battaglia (inteso come scontro d’armi) come perno centrale degli eventi è indubbiamente peculiare. 

Molto interessanti i misteri (specialmente il rapporto Turi-Geusi). 

Bello il tema dell’isola: unire il matrimonio come cardine della vicenda alle fatiche come giochi rende proprio bene secondo me (e ricorda quanto l’epica classica ruoti intorno anche a questa tematica oltre che a quella delle armi e della guerra). Apprezzabile anche il personaggio di Elektra e in generale la contrarietà dei Centauri che si vedono superiori agli umani.  

Ottime le descrizioni dettagliate degli ambienti dell’isola, rendono bene il tema dei festeggiamenti. 

Anche io noto nei misteri purtroppo il punto debole della struttura dell’isola, ma nulla che non si possa migliorare e/o abbellire. 

Evidentissimo il richiamo all’epica classica con il mito di Circe, che è anche la protagonista dell’isola (sebbene la scelta delle fiere non esalti l’elemento mediterraneo a mio avviso).

Buona l’idea di omaggiare un famoso mito riprendendolo e facendone l’oggetto della narrazione, ma avrei approfondito un po’ lo sviluppo della storia che temo possa apparire un po’ scarna (anche nel numero delle fatiche e nei possibili approcci ad esse). 

Interessanti i misteri! Sarebbe stato bello approfondire la storia di Filippo e la sorte che lo ha portato ad essere maledetto.

Bella l’idea di creare un’isola come ultimo scenario per l’eventuale campagna e molto bella l’idea di Koilos come isola dove vivevano gli dei, poi abbandonata. Spiccano gli elementi che rimandano all’epica greco-classica, anche se fatico sinceramente a vedere evidenziati elementi del tipico contesto mediterraneo.

L’assenza di auspici e di approdo sono giustificabili dal contesto, lasciano spazio ad un elevato numero di fatiche (addirittura sei) prima della battaglia. Molto bello che la difficoltà della battaglia finale dipenda anche da quanti successi o fallimenti gli eroi abbiano cumulato nelle fatiche precedenti, dove ho apprezzato che ci fossero indicati almeno due approcci diversi per fatica (menzione speciale per Colossus of Cinders).

Molto interessanti anche le regole speciali (soprattutto quella dell’avatar).

Che dire? Io la giocherei a fine della mia campagna!

Su quest’isola spiccano i riferimenti classici, primi su tutti la punizione per la mancanza di ospitalità (tanto cara ai greci) e la punizione per hubris (tanto odiata dagli dei). Sono elementi narrativi che ho apprezzato veramente molto, li trovo molto “in tema”.

La storia è interessante perché pone alla fine gli eroi di fronte alla scelta se punire direttamente figlio che si è macchiato di hubris (uccidendo il verro) o se costringere il padre a rinunciare alla corona per spezzare la maledizione, sempre per il bene comune del popolo che ingiustamente soffre. E’ bella la tematica classica che vede il popolo innocente (ed inconsapevole forse) vittima indiretta delle punizioni che gli dei riservano ai regnanti.

Veramente molto azzeccati secondo me gli auspici (per divinità scelte e descrizioni).

Per quanto riguarda le fatiche ammetto invece che non mi convince l’impostazione di alcune di loro (Qual è lo scopo della fatica “Un’udienza col re”, se gli eroi già potrebbero scoprire della maledizione nel “Il segreto di Celeos”? “Sulle tracce del verro” ti permette di cercare di raggiungere ed uccidere il verro pestilenziale, ma non va allora a sovrapporsi alla battaglia, dove bisogna scegliere se uccidere il verro o convincere il re ad abdicare?).

Su quest’isola spiccano i riferimenti classici, primi su tutti la punizione per la mancanza di ospitalità (tanto cara ai greci) e la punizione per hubris (tanto odiata dagli dei). Sono elementi narrativi che ho apprezzato veramente molto, li trovo molto “in tema”.

La storia è interessante perché pone alla fine gli eroi di fronte alla scelta se punire direttamente figlio che si è macchiato di hubris (uccidendo il verro) o se costringere il padre a rinunciare alla corona per spezzare la maledizione, sempre per il bene comune del popolo che ingiustamente soffre. E’ bella la tematica classica che vede il popolo innocente (ed inconsapevole forse) vittima indiretta delle punizioni che gli dei riservano ai regnanti.

Veramente molto azzeccati secondo me gli auspici (per divinità scelte e descrizioni).

Per quanto riguarda le fatiche ammetto invece che non mi convince l’impostazione di alcune di loro (Qual è lo scopo della fatica “Un’udienza col re”, se gli eroi già potrebbero scoprire della maledizione nel “Il segreto di Celeos”? “Sulle tracce del verro” ti permette di cercare di raggiungere ed uccidere il verro pestilenziale, ma non va allora a sovrapporsi alla battaglia, dove bisogna scegliere se uccidere il verro o convincere il re ad abdicare?).

Isola che fa della sua originalità il suo grandissimo punto di forza. L’assenza di auspici, di approdo e della battaglia rende difficile giudicarla secondo l’impostazione canonica delle isole di Agon.

L’elemento mediterraneo ed i riferimenti classici sono più che evidenti, dimostrano una grande conoscenza della materia da parte dello scrittore che riesce a proporre scenari interessanti. Ho trovato tutta l’isola descritta benissimo e alcune delle dodici fatiche ben pensante e veramente coinvolgenti (su tutte Chi imbroglierà gli imbroglioni? Che potrebbe essere il soggetto di una commedia greca).

Se il fatto che gli Eroi siano costretti ad affrontare ogni “fatica”/casa con un unico approccio rende Theia così originale ed intrigante, d’altro canto azzera le possibilità di scelta che hanno gli eroi, eroi che sembrano effettivamente trascinati dagli eventi e messi di fronte ad ogni fatica come ad una prova in cui eccellere (non come un problema da risolvere/una sfida da affrontare). Mi domando se, a livello di tempistiche, l’assenza di alcuni elementi (approdo, battaglia) renda possibile l’espletamento di tutte le dodici fatiche.

Molto bella l’introduzione del Concilio delle stelle ed il fatto che se gli eroi superano almeno una prova per dominio ottengono quanto più desiderano.

Isola scritta e descritta molto bene, l’atmosfera è perfettamente riuscita, trasmette bene il senso di mistero e di cupezza che aleggia su Sanagea per via della magia di Ecate. Ho apprezzato in particolare il ruolo di prigione attribuito al teatro (elemento simbolo dell’antica Grecia) e l’interessantissimo personaggio del re.

L’intreccio è complesso e ricco, offre molti spunti su cui lavorare. Mi paiono ben pensati gli auspici e mi piace che l’approccio iniziale degli eroi nell’approdo abbia poi ripercussioni sullo svolgimento di alcune fatiche. Forse rispetto a quest’ultime avrei preferito qualche indicazione in più per l’Avversità, ma avendo letto la risposta al vostro commento precedente so che la vostra scelta è dettata dalla volontà di lasciare all’Avversità più libertà narrativa, anche per sfruttare meglio i misteri.

 

Di quest’isola ho apprezzato particolarmente la possibilità di scelta data agli eroi che porta ad una vera e propria biforcazione narrativa: a seconda della loro decisione affronteranno minacce diverse. Questa dualità insita al serpente marino (“male sì, ma male necessario” oppure “male sì, ma male minore”) rende bene la moralità della scelta che gli eroi si troveranno ad affrontare, ancora più che conosceranno anche i due amanti (e daranno un volto, un nome ed una storia alle potenziali vittime).

Il topos della bestia mostruosa che richiede un sacrificio di sangue e che ha una sua utilità è sempre un classico intramontabile, così come la contrapposizione delle due sorelle, due donne forti portatrici di punti di vista diametralmente opposti nonostante lo stesso sangue.

C’è molta carne al fuoco, motivo per cui temo che sia difficile per gli eroi riuscire ad affrontare tutte le fatiche in una one shot. Sicuramente avrei eliminato l’incontro con il pescatore Nardos, incontro di cui non credo si avverta la necessità e che rischia di sviare l’attenzione della questione centrale dell’Isola aggiungendo una fatica (a mio avviso) superflua. E avrei magari catalizzato più l’attenzione sulla figura dei due amanti. Con l’invasione dei barbari come rischio concreto, nella consapevolezza che il Serpente marino è sempre stato utile come baluardo difensivo, c’è un motivo particolare per cui Antelia vuol uccidere la bestia prima che i due amanti vengano sacrificati? Magari qualcosa che li lega personalmente a loro?

Ti ringrazio per la votazione, per il bel commento ed anche per le indicazioni. Volevo sottolineare la conflittualità della figura della regina come madre, per questo ho scartato un'idea simile che collegasse il rapporto con il melo e la popolazione, ma ho letto ben volentieri il tuo commento che mi ha dato spunti riflessivi per il futuro (specialmente per il ruolo degli auspici). Grazie!

Ps: perdonami per il ritardo, ero convintissima di aver caricato la risposta ma qualcosa deve essere andato storto la scorsa volta. Scusami ancora.

Sei stata chiarissima!
"In un'isola in cui ciò che non è divino vale poco e viene usato come pedina mi sembrava coerente non riservare alla donna al centro della vicenda un trattamento di favore ma invece di renderla l'esempio più lampante e vistoso di impotenza.
Riconosco questa come la chiave di lettura giusta per interpretare la scelta fatta nella costruzione dell'impianto narrativo e riconosco che sia estremamente coerente con il tutto.

A me già il tuo lavoro è piaciuto molto, capire le ragioni che ti hanno portato ad introdurre l'unico elemento non convincente per me in prima lettura me lo fa apprezzare solo di più.

Grazie per la risposta:)

Da appassionata dei miti classici ho apprezzato l’idea di dare importanza al problema della mancata sepoltura di un figlio caduto in battaglia. Per lo stesso motivo mi è piaciuta anche l’idea di base dell’isola, il fatto che due comunità, che per anni hanno vissuto in pace, vedano incrinarsi i loro rapporti per un motivo iniziale apparentemente di poco conto (il furto del vino).

Considero un grande pregio il fatto che gli eroi possano scegliere da che parte schierarsi, anzi addirittura se preferire una parte o se cercare di riportare l’armonia. E’ bello che uno stesso scenario possa offrire percorsi narrativi diversi. L’unica perplessità in merito a questa bella idea è che, se si sceglie il lato dei centauri, escludendo quindi le fatiche sul recupero del corpo del giovane figlio del re, mi pare che il rapporto fatiche prima della battaglia sia 2 a 4 (dove 4 sono le fatiche in caso in cui ci si schieri con gli abitanti o in cui si decida la via della pace). Forse si potrebbe pensare di approfondire e rendere più corposo il percorso di chi sceglie la fazione dei centauri (magari proteggendo il corpo del principe o indagando sulla causa scatenante del conflitto: c’è forse lo zampino divino?).

Bella e suggestiva la narrazione, tutte le scene sono illustrate veramente bene grazie ad un ottimo stile di scrittura descrittivo (a parer mio veramente splendida è la fatica dei Riti, sembra di essere lì ad assistere). L’aspetto dell’isola e dei suoi ambienti se da un lato rispecchia benissimo la disperazione della situazione in cui versano gli abitanti, dall’altro ricorda bene certi territori terribilmente brulli in tempo di siccità.

Trovo molto interessate il tema di fondo, ovverosia la presenza di Mormò e di questo culto che – per il bene di tanti – non si fa scrupolo a ricorrere ad ogni mezzo, forse anche a far sparire bambini innocenti.  Mi piace che il collegamento tra la sparizione dei bambini ed il culto non sia chiaro e definito, ma sia un mistero, perché è una domanda la cui risposta è di notevole importanza, dà un colore ed un peso diverso all’operato del culto. Apprezzo molto anche che il destino di Mormò sia riservato alla decisione finale degli eroi, che possono tentare di estirparlo o di canonizzarlo.

E’ un’isola molto interessante, che solleva domande a cui vorrei dare assolutamente risposte. Bravi!

Bellissima l’idea di un’isola sconosciuta ai più, selvatica e selvaggia, inospitale non solo per le minacce che contiene ma proprio perché non è più “terra fertile” per l’insediamento umano. Personalmente non rivedo molto il tema mediterraneo (quanto meno nella cornice paesaggistica), ma trovo bellissime le descrizioni ed l’impostazione narrativa è molto originale.

Trovo che ci siano davvero molti elementi interessanti – la tigre come guardiana, l’eroe perso, ormai completamente folle, i fantasmi di abitanti passati – ma in questo mosaico colorato fatico ad intravedere il quadro completo. L’alone di mistero ed incertezza è reso benissimo, per altro in un’ambientazione non cupa o angosciante, avrei personalmente preferito che gli eroi potessero abbandonare questa isola con qualche risposta in più sul passato o sul presente di Adamastos o dei suoi abitanti. 

La lettura dell’isola mi ha affascinato molto.

Dal punto di vista stilistico ho apprezzato sia la descrizione dei luoghi (in particolare della Magione Sotterranea) che la descrizione del dipanarsi degli eventi da cui emergono chiari i sentimenti dei personaggi (dall’urgenza del re, alla paura delle sacerdotessa di Era – paura di Hermes, più che di Era -, la rabbia e l’angoscia della popolazione per i furti e le frane).

La struttura narrativa è molto interessante perché porta gli eroi pian piano a dover svelare un mistero complesso e “denso”.

Bellissima la scena dell’approdo, sia per originalità che per impatto: pone subito gli eroi di fronte a quel senso di drammaticità che li accompagnerà in tutta l’isola. Ho apprezzato particolarmente anche il fatto che il Capitano Atarse compia il volere del Re, seppur questo lo faccia soffrire (il problema dovere/moralità) ed mi hanno affascinato le figure dei due gemelli, i Diplasimi (bello che possano diventare membri dell’equipaggio, come ricompensa speciale).

Ben si notano gli elementi classici nello scorrere della storia, preponderante su tutti la povertà della condizione umana di fronte agli dei, gli uomini pagano con la loro paura, la loro rabbia e il loro sangue per i capricci amorosi e le vendette personalità degli dei che dovrebbero proteggerli.

L’unico cambiamento personale che potrei pensare di introdurre riguarda la figura di Aspasia, il centro della vicenda (almeno tra le fila dei mortali), nonché origine di tutto lo scompiglio. Avrei cercato di darle più risalto, di dare più spazio a lei non solo in quanto donna bellissima ma in quanto madre di progenie semidivina, magari sacrificando la parte della profezia di Era e della sua interpretazione da parte del Re e chiarendo già il problema nell’Approdo (cerchiamo la Sacerdotessa che ha offeso Era).

Si tratta in ogni caso di un lavoro veramente ben fatto, ricco di descrizioni suggestive, di colpi di scena inaspettati e di sfide avvincenti. In sintesi: mi piacerebbe giocare e far giocare quest’isola!

Ho apprezzato davvero molto il tuo commento e ti ringrazio per le belle parole (e votazioni) che hai speso per il mio lavoro!

Sono felice di sentire che hai colto l'ambiente mediterraneo e classico dal contesto, l'obiettivo era proprio farlo trasparire in questo modo come una presenza che abbracciasse la narrazione sotto molteplici aspetti.

Ti ringrazio anche per l'analisi della struttura narrativa in sé. Facendo da GM (in alcuni giochi) so che è importante tenere bene conto delle tempistiche in progetti simili, quindi sono felice di sapere che secondo te ho gestito bene il dosaggio di "carne al fuoco".

Ovviamente ti rispondo anche per gli auspici!
Ammetto che ho riflettuto parecchio su quali divinità mettere in gioco e nella mia idea iniziale Poseidone compariva, insieme a Venere, proprio per i molteplici riferimenti che Selenia ne fa (al primo espliciti, alla seconda impliciti). Tuttavia, rileggendo il testo e l'impostazione generale volevo scongiurare un pericolo: che l'Auspicio di Poseidone forzasse troppo la mano ai giocatori nel momento della scelta finale della Battaglia. 

Nella Battaglia gli eroi hanno due scelte, semplificando: combattere le Arpie o difendere il Melo Dorato dal Sacerdote di Poseidone. Temevo che un prodigio diretto di Poseidone fosse troppo indirizzante e potesse influenzare la scelta dei giocatori in una direzione: non volevo che una scelta libera fosse libera solo apparentemente e che gli eroi si sentissero costretti (anche indirettamente) a preferire una risoluzione piuttosto che un'altra. Ci sono legami e collegamenti a Poseidone sull'Isola ma dipendono da azioni precedenti degli eroi, che non dovrebbero essere condizionate da alcun elemento fisso. Temevo che l'auspicio di Poseidone fosse questo: un condizionamento indiretto dei giocatori.

Ho preferito usare Ecate ed Era proprio perché sono divinità non direttamente coinvolte (come nemmeno Ares, che può essere richiamato - a discrezione del Gm - nei misteri), ma che penso si ricolleghino bene ad alcuni temi (volutamente in maniera velata). 

Ecate è la dea della magia ed il melo dorato cos'altro può essere se non magia, un vero e proprio prodigio? Senza contare che è anche la divinità dei morti, morti che come ombre nere appaiono nell'approdo. Il riferimento ad Ecate è per l'apertura (morti - disperati, senza degna sepoltura) e per la chiusura (lo svelamento del Melo Dorato).
Era è invece anche la dea della famiglia, la dea della maternità. La Regina è tormentata dal desiderio di bellezza e giovinezza, per raggiungere il suo scopo si piega ad ogni bassezza, con un unico limite: non uccide il figlio. La regina è più madre che regina del popolo in realtà.

Spero di esser stata esaustiva e di non essermi dilungata troppo.

Grazie ancora!


(Chiedo venia per l'attesa, in questi giorni posto anche io i miei commenti e le mie valutazioni).

Studying greek and latin mithology was the best part of my school’s path. I love poems of Omero - especially “Iliade”- and i have never forget the story about Paride and his golden apple, so when i started to write an island for this jam, i had already choosen that a golden apple was my key point.